venerdì 27 luglio 2018

Dodici rose blu, ma forse non bastano


La gelateria è la stessa del nostro primo appuntamento. Sono passati tanti anni, ma riconosco l'insegna Panna e Cioccolato. Non appena ci accomodiamo Jacopo si allontana dicendomi che ha necessità di andare un attimo al bagno.

Lo osservo mentre si dirige verso la toilette: indossa un paio di pantaloni neri ed una camicia bianca. E' vero che lo si potrebbe confondere con il cameriere ma, a parte questo, sta benissimo. Cerco di distrarre i miei ormoni guardando la lista dei gelati. Spero abbiano anche quelli alla soia.  Quando sollevo lo sguardo lo vedo arrivare con in mano un enorme mazzo di rose.

E' la seconda volta che cerca di regalarmi delle rose. Queste, però, sono dodici e blu. Le mie preferite.
“Hai cambiato lavoro?”, domando imbarazzata, “rra vendi fiori nei locali?”
“Sono per te”,  risponde, “c'è anche un bigliettino”.
Prendo il biglietto e lo leggo.

"Io non voglio perderti. Hai ragione, abbiamo bisogno di parlare e di ascoltarci: iniziamo qui, adesso. Ti amo. Jacopo"

Piango e non riesco a fermarmi. Le rose sono bellissime e ciò che è scritto in quel piccolo foglietto bianco è tutto ciò che aspetto di sentirmi dire da un sacco di tempo. Ma è come se fosse troppo tardi.
“Grazie per le rose ....”, farfuglio cercando di smettere di piangere. “Ma...”.
“Ma?”.
“Ma ho paura che sia troppo tardi. Sono stanca e non riesco più a fidarmi di te”.
“Lo capisco, è passato troppo tempo, ma io non ho fretta. Posso aspettare”.
“Potresti aspettare inutilmente. Vorrei che tutto fra noi si risolvesse, ma non sono sicura sia davvero possibile. E poi io ho conosciuto qualcuno”.
“Ah...Ho capito. Beh allora credo non ci sia nient'altro da dire.”

BIP. E' un messaggio di Igor.

Allora come sta andando? Ti ha già mollato? Vengo a prenderti?

Tratto dal libro “Forse sì” di Stefania Corda



mercoledì 25 luglio 2018

Le mie colpe non esistono


Ieri mattina Sabina mi ha avvisato che la nonna è stata   ricoverata all'Ospedale di Geronia. Stasera partirà per Turallao, dove rimarrà per qualche giorno, almeno fino a quando le sue condizioni non saranno più chiare.
Non ci impiego molto a decidere che io e i bambini andremo con lei.
A Jacopo comunico soltanto che passerò un paio di giorni dalla nonna insieme a Francesco e Valentina. 

“Come mai? Fortunata sta male?”
“E' all'Ospedale, ma non si sa ancora nulla di preciso”.
“Vengo con voi”. Sono tentata di chiedergli se è solo un modo subdolo per intenerirmi e portarmi a restituirgli il telefonino, ma non ho voglia di indispettirlo. Sono troppo preoccupata. “Come vuoi”, gli rispondo.

La mattina seguente caricati i trolley nella sua macchina e, allacciate le cinture ai bambini, partiamo. In fondo sono contenta che abbia deciso di accompagnarmi, ma ovviamente non glielo dico.
Pensavo che al suo rientro da Bologna avremmo trovato il modo di dirci qualcosa, qualsiasi cosa che riguardasse noi e il nostro matrimonio. E invece l'unica comunicazione che continuiamo a scambiarci è il silenzio.

Durante il tragitto verso Geronia, mi chiedo se sia possibile che io abbia smesso di vedere me e Jacopo come un uomo ed una donna. O mio Dio, come sono vestita? Mi guardo: jeans sbiaditi, camicia e maglione nero. Le scarpe me le ricordo anche senza guardarmi i piedi. Sono degli stivaletti bassi. Devo smetterla di pensare a queste cose: potrebbero riportarmi a credere di avere qualche responsabilità anche io rispetto alla crisi che stiamo affrontando. E’ importante che rimanga concentrata sulle sue di colpe. Le mie non esistono.

Finalmente arriviamo all'Ospedale dove è ricoverata la nonna. Zia Maria e Sabina sono già lì e stanno tentando di convincerla a smettere di urlare contro l'infermiera, colpevole di non averle ancora fatto avere il foglio di dimissione. 
“E' colpa tua. Sei sempre la solita esagerata”, afferma, ad un certo punto la nonna, rivolgendosi alla sorella. “Io te lo dicevo che non era niente”.

“Senti Fortunata, io non sono un medico e comunque se ti hanno trattenuto in Ospedale per una notte un motivo ci sarà”, le risponde la zia, cercando inutilmente di difendersi.
“Questi Dottori non valgono nulla, se no non sarebbero venuti a lavorare in un Ospedale piccolo e sporco come questo”.
“Parla a voce bassa, potrebbero sentirti”.
“Mi devono sentire. E tu smettila di guardarmi così”, dice infine a mia madre. “Considerato che non sono in pericolo di vita, puoi tornare a casa tua se vuoi”.

Sabina non risponde, ma prende la sua borsa ed esce dalla stanza.
Dopo un’ora siamo tutti a Turallau.
La giornata trascorre velocemente e dopo aver messo Valentina e Francesco a letto, anche Zia Maria, la mamma e Jacopo decidono di andare a dormire. Io e nonna rimaniamo, invece, ancora un po' a chiacchierare di fronte al caminetto acceso.



Quarta di copertina

  “Forse sì” ( mediazioni tra i sentieri del cuore ), è un romanzo che ha come tema principale il sentimento, soprattutto nel rapporto di co...