Ieri mattina Sabina mi ha avvisato che la nonna è stata ricoverata all'Ospedale di Geronia. Stasera
partirà per Turallao, dove rimarrà per qualche giorno, almeno fino a quando le
sue condizioni non saranno più chiare.
Non ci impiego molto a decidere che io e i bambini andremo con lei.
A Jacopo comunico soltanto che passerò un paio di giorni dalla nonna
insieme a Francesco e Valentina.
“Come mai? Fortunata sta male?”
“E' all'Ospedale, ma non si sa ancora nulla di preciso”.
“Vengo con voi”. Sono tentata di chiedergli se è solo un modo
subdolo per intenerirmi e portarmi a restituirgli il telefonino, ma non ho
voglia di indispettirlo. Sono troppo preoccupata. “Come vuoi”, gli rispondo.
La mattina seguente caricati i trolley nella sua macchina e,
allacciate le cinture ai bambini, partiamo. In fondo sono contenta che abbia
deciso di accompagnarmi, ma ovviamente non glielo dico.
Pensavo che al suo rientro da Bologna avremmo trovato il modo di
dirci qualcosa, qualsiasi cosa che riguardasse noi e il nostro matrimonio. E
invece l'unica comunicazione che continuiamo a scambiarci è il silenzio.
Durante il tragitto verso Geronia, mi chiedo
se sia possibile che io abbia smesso di vedere me e Jacopo come un uomo ed
una donna. O mio Dio, come sono vestita? Mi guardo: jeans sbiaditi, camicia e
maglione nero. Le scarpe me le ricordo anche senza guardarmi i piedi. Sono
degli stivaletti bassi. Devo smetterla di pensare a queste cose: potrebbero riportarmi
a credere di avere qualche responsabilità anche io rispetto alla crisi che
stiamo affrontando. E’ importante che rimanga concentrata sulle sue di colpe.
Le mie non esistono.
Finalmente arriviamo
all'Ospedale dove è ricoverata la nonna. Zia Maria e Sabina sono già lì e
stanno tentando di convincerla a smettere di urlare contro l'infermiera,
colpevole di non averle ancora fatto avere il foglio di dimissione.
“E' colpa tua. Sei sempre
la solita esagerata”, afferma, ad un certo punto la nonna, rivolgendosi alla
sorella. “Io te lo dicevo che non era niente”.
“Senti Fortunata, io non
sono un medico e comunque se ti hanno trattenuto in Ospedale per una notte un
motivo ci sarà”, le risponde la zia, cercando inutilmente di difendersi.
“Questi Dottori non
valgono nulla, se no non sarebbero venuti a lavorare in un Ospedale piccolo e
sporco come questo”.
“Parla a voce bassa,
potrebbero sentirti”.
“Mi devono sentire. E tu
smettila di guardarmi così”, dice infine a mia madre. “Considerato che non sono
in pericolo di vita, puoi tornare a casa tua se vuoi”.
Sabina non risponde, ma
prende la sua borsa ed esce dalla stanza.
Dopo un’ora siamo tutti a
Turallau.
La giornata trascorre
velocemente e dopo aver messo Valentina e Francesco a letto, anche Zia Maria,
la mamma e Jacopo decidono di andare a dormire. Io e nonna rimaniamo, invece,
ancora un po' a chiacchierare di fronte al caminetto acceso.
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