Stamattina avevo un
appuntamento con Cecilia, la mia amica di pancia, nonché mamma e casalinga a
tempo pieno. Ci siamo conosciute durante il corso di preparazione al parto. Io attendevo
Francesco e lei Federico. Eravamo un gruppo di dodici donne gravide sedute in
cerchio, ciascuna nella sua sedia scomoda con i piedi gonfi e la schiena a
pezzi. Lei era la mia vicina e mentre io pensavo a quanto fosse odiosa Jessica,
una ragazza di ventiquattro anni, alta due metri e con una pancia inesistente
nonostante fosse al settimo mese, lei trasformò i miei pensieri in parole.
“Quanto è odiosa Jasmine,
ma quanti anni ha? Dieci?” Mi sussurrò all’orecchio.
“Jasmine chi?” Risposi,
mezzo addormentata per effetto degli ormoni.
“Quella bionda atteggiata
senza pancia, il suo povero bambino starà morendo di fame. Sempre che sia
davvero incinta. Tu che stai studiando psicologia, non è che ha una gravidanza
isterica?”
“Si chiama Jessica, che
nome da sfigata”.
“Tu mi piaci”.
“Anche tu, ma com’è che
ti chiami?”
Da quel giorno non ci
siamo più separate: sono trascorsi quasi dodici anni. Purtroppo non ci siamo
potute separare neanche da Jessica, che intanto si è rifatta seno e labbra.
Quasi fossimo cadute vittime di un crudele incantesimo, la incontriamo ovunque
e la cosa peggiore è che i nostri figli sono nella stessa classe fin dalla
Scuola dell’Infanzia.
Parlare con Cecilia mi
alleggerisce il cuore e mi fa stare sempre meglio. Sa quando ho bisogno di
ridere, quando di silenzio e quando solo di un abbraccio.
Dinanzi ad un cappuccino
alla soia ed una pasta vegana, le ho raccontato della partenza di Jacopo e lei,
con la sua proverbiale delicatezza, mi ha detto che di certo vuole lasciarmi, e
che dovrei essere contenta di potermi liberare di Brontolo, soprannome con cui
lo chiama da sempre. Forse ha ragione. Forse una separazione potrebbe non essere
la cosa peggiore, ma una possibilità per entrambi di rincominciare ad essere
felici. Forse.
Lui si trova a Bologna da
tre giorni: ha chiamato tutte le sere per poter parlare con Francesco e
Valentina, non ha mai chiesto nulla che avesse a che vedere con me.
Tratto dal libro “Forse sì” di Stefania Corda
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